Centinaia di tessuti provenienti dalla pulizia delle rotative dei quotidiani, sospesi: una metafora della dimenticanza che avvolge il presente
Hall dell’Aula Magna dell’Università degli Studi Statale di Milano - Ideata da Gianluigi Colin, l’installazione si interroga sulla qualità del sistema dell’informazione, sulla memoria collettiva e la sua dissoluzione.
È composta da centinaia di metri di tessuti provenienti dai processi di pulitura delle rotative offset di tipografie che stampano quotidiani: carichi di sedimentazioni di colori e striature sono dei veri e propri objets trouvés.
Sospesi a undici metri per mezzo di cavetti d’acciaio, i drappi definiscono tre simboliche navate, calando quasi fino a terra nella parte centrale e restando più alti in quelle laterali, così da lasciare fluire il pubblico.
Sono sudari laici, carichi della memoria di infinite storie rimosse, parole e immagini. Vero e proprio tempio laico del sapere, l’Università degli Studi appare la naturale collocazione dell’opera perché, come ricordano le parole di Aldo Colonetti, “il design come l’architettura non possono dimenticare che l’arte sta alla base di ogni disciplina progettuale.
Non sono passati invano nelle aule del Bauhaus artisti come Klee, Kandinskij, Moholy-Nagy. Ovvero l’arte come ‘luogo espressivo della libertà’, al di là delle necessità operative e funzionali che contraddistinguono un oggetto, un’architettura, un carattere tipografico o una pagina pubblicitaria”.
TIME AFTER TIME è stata ideata da Gianluigi Colin con la produzione della Galleria De Ambrogi e la collaborazione dello studio De Ambrogi.(Interni Magazine)